Breve recensione del libro sulla vita di:
Fratel Bonaventura Peressini
Passionista
Padre Carlo Mariano Magliaro
in
questo libretto ci racconta l’avventura umana e
religiosa di un semplice ma attraente fratello
laico
passionista:
fratel Bonaventura dell’Addolorata (Peressini).
Bonaventura Peressini nasce a Colloredo di
Prato, il 13-7-1904 era l'ottavo tra quattro
sorelle e sei fratelli dei quali uno sacerdote
diocesano, don Eugenio. Il padre e la madre
erano nativi di Colloredo e cattolici
intransigenti.
Il padre, Enrico Giuseppe, nasce nel 1865 da
Domenico e Del Forno Teresa e si sposa nel 1892
con Della Mora Maria Rosa di Giovanni e
Antonutti Santa. La professione del padre è
quella di
santese,
cioè sacrestano, come riporta l'atto di
matrimonio conservato nell'archivio di stato di
Udine, mentre la sposa è segnalata come
agricoltrice. I Peressini erano agricoltori
benstanti e si tramandavano da generazioni, da
padre in figlio, la cura della chiesa come
sacrestani e amministratori dei beni
parrocchiali. Avevano, inoltre, ed ancora hanno il soprannome
di:
"Chei dal Muini”
e cioè, quelli del sacrestano.
Bonaventura, molto devoto alla Madonna vive la
sua storia di amore e di fede anche esercitando
il lavoro di muratore che già ha imparato alla
perfezione, e sprona alla fede anche la ragazza
con cui si è fidanzato.
Negli anni 1925-26 cominciò a maturare in lui la
vocazione di servire il Signore e nel 1927
Fratel Bonaventura
entra in noviziato. Professò il 20 agosto 1928.
Barbe Turo, zio Arturo,
come veniva chiamato da tutti a Colloredo di
Prato, durante le vacanze veniva ospitato nella
casa paterna dal fratello Angelo e, dopo la
morte di questi, dai nipoti.
Descriveva ai confratelli il suo paese, le
usanze, la pianura friulana come un luogo
incantato, dai mille volti, che suggestionavano
e dove il filo conduttore di tutto era la fede.
Si pregava anche sulla polenta; dopo averla
cotta quasi ritualmente e stesa sul tagliere di
legno, veniva segnata con il Segno della Croce
prima di tagliarla con un filo rigorosamente
bianco. Tra i Passionisti egli viveva questi
momenti offrendosi in cucina per cuocerla.
Cercava un paiolo di rame, il tagliere e il
mestolo di legno e la serviva come se fosse a
servizio del Presidente della Repubblica. Era
esperto anche nel trattare la carne di maiale,
secondo la tradizione friulana, col confezionare
salsicce, salamini, cotechini. In modo
particolare diventava un vero professionista
nell'arte di cantiniere, secondo la tradizione
della sua terra luogo di vini pregiati.
Sapeva raccontare il mondo di Colloredo del
primo ventennio del 1900 e dei suoi segreti. La
spontaneità e la passione degli artigiani
friulani, l'aveva arricchita con la spiritualità
passionista. Dall'archivio della sua memoria
sfogliava le pagine più belle di Colloredo e le
metteva in mostra per l'edificazione dei
confratelli. Erano microstorie quotidiane sulla
vita in famiglia, in chiesa sul lavoro e tempo
libero. La venatura del suo pensare e il modo di
comunicare conservavano la caratteristica
friulana. Questo gli donava una sottile
suggestione stimolante che creava simpatia.
Muore il 4 ottobre del 1982. Il suo cuore si
ferma colpito da infarto.
A distanza di quasi trent’anni i confratelli
passionisti lo ricordano con un opuscolo edito
nel mese di marzo 2011 dalle Grafiche Trusiani
di Tivoli (Roma)
V. Z.
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