Strade diverse, ma la stessa meta: il
sacerdozio. Da spendersi nelle
relazioni, a costo di lasciar
indietro piani pastorali e
burocrazie che pur incombono nelle
canoniche. Vocazioni in cui un peso
determinante l'ha avuto il
"contagio" della testimonianza di
persone che, nella loro
quotidianità, raccontavano di una
vita piena e realizzata.Sono i
tratti caratterizzanti le storie dei
giovani friulani che saranno
consacrati preti in giugno. Domenica
29, in cattedrale a Udine, monsignor
Pietro Brollo, presiederà il rito
solenne in cui prenderanno l'ordine
tre chierici del Seminario
interdiocesano di Castellerio,
destinati a rimanere in diocesi, e
sei salesiani (di cui uno originario
di Vergnacco). Una settimana prima,
il 21 giugno, a Roma diventerà prete
un altro friulano di Tricesimo,
appartenente alla Fraternità
sacerdotale dei missionari di San
Carlo Borromeo.
Per Paolo Budai, 40 anni, della
parrocchia udinese delle Grazie e
ora in servizio a Mortegliano, la
strada è iniziata molti anni fa
quando, incontratosi con
l'arcivescovo di allora, mons.
Alfredo Battisti, questi gli disse:
«Hai bisogno di farti leggere nel
cuore. Ti mando per una settimana a
Castelmonte». Lì, la frequentazione
dei frati cappuccini fino a
diventare uno di loro e poi la
decisione di essere prete. Perché?
«Cristo al centro della propria vita
è libertà e serenità - risponde - e
la fede è come un bel paio
d'occhiali, con cui riesci a mettere
a fuoco e affrontare le questioni
della vita con speranza». È per
questo che si augura che i "giovani
siano avvinti dal Vangelo e dalla
Chiesa, qualunque sia il progetto
per cui si spenderanno".
Oscar Pinaffo, il venticinquenne di
Rualis di Cividale ora attivo a
Gemona, vuole essere il prete "che
fa sentire le persone a casa
propria. Come lo è stato per me
quando frequentavo don Mario e la
mia parrocchia". Nei suoi progetti,
piuttosto che programmi, il
desiderio "di far percepire la
nostalgia di Dio, toccando il cuore
delle persone e 'colorando' la
Chiesa di accoglienza. Come diceva
Escrivà de Balaguer, mi sono fatto
prete perché Cristo è la persona più
bella che ho incontrato. Spero
anch'io di farlo capire a qualcuno".
Una laurea in Economia e commercio,
un percorso professionale
promettente e poi la scelta di
dedicarsi ad una vita dove "entrate,
uscite e indici di redditività" non
li applicherà come li ha studiati.
Ma per Nicola Degano, 32 di
Pasian di Prato e attivo nella
parrocchia di San Marco in Chiavris,
non c'è stato verso, la sua serenità
l'ha trovata entrando in seminario,
"per spendersi per qualcosa che
valeva la pena. Quasi una questione
affettiva, la volontà di far capire
anche agli altri quanto il Signore
ti vuole bene e non ti abbandona,
nonostante lo si possa pensare". Non
lo preoccupa di essere prete in
un'epoca in cui le chiese non sono
gremite e i parroci sono oberati
dalle contingenze : «È uno stimolo
ulteriore ad andare incontro con
maggior freschezza ai veri bisogni
della gente, che oggi chiede
innanzitutto di essere ascoltata».
Questione di priorità: «Prima le
relazioni, nell'assoluta gratuità. A
disposizione ogni volta che il
campanello suona».
È
friulano anche uno dei sei salesiani
che saranno consacrati in cattedrale
a Udine. Luca Della Bianca è nato e
cresciuto ad Adegliacco e la sua
chiamata è maturata nel mentre
frequentava il gruppo scout che ha
sede al Bearzi. Si è irrobustita a
contatto con il movimento
"Rinnovamento dello spirito" e si è
definitivamente consolidata nel
percorso formativo salesiano.
Il
volto di sacerdoti friulani, quelli
di don Carlo Gervasi e don Cesare
Scarbolo, la "causa"
dell'ordinazione di Stefano Don,
originario di Tricesimo, che
diventerà prete a Roma e dirà la sua
prima messa a Tricesimo il 29
giugno. Una laurea in ingegneria
meccanica a Milano, un'esperienza
affettiva importante e poi la scelta
del sacerdozio "non perché qualcosa
fosse andato storto, ma per il
desiderio di diventare come quei
sacerdoti che avevo incontrato" e
far crescere la passione per la
Chiesa che il nonno e la mamma prima
e poi Cl gli avevano trasmesso.
Quando se ne andò dalla Pittini,
dove lavorava dai sei mesi, il
cavaliere salutandolo gli disse: «Un
gesto eroico il suo ha tutta la
nostra stima». Per Stefano, però, la
convinzione che non vi è nulla di
eroico: «Non c'è nulla da aver paura
- afferma - Cristo non toglie nulla
e dà tutto».
Antonella Lanfrit |